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Equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo

Palazzo di Giustizia Foro Ulpiano, 1 - Via Coroneo, 20

1° Piano - Stanza 151

Telefono: 040 - 77 92 209

Fax: 040 - 77 92 566

  • Rossella Strani (Referente)

Telefono: 040 - 77 92 209

email: rossella.strani01@giustizia.it

Orario di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì ore 09:00 - 12:00

INFORMAZIONI GENERALI

Chiunque abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della Legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione. Il principio di un termine ragionevole di durata dei procedimenti non trova applicazione nel processo tributario, fatta eccezione per le controversie di natura civilistica che non attengono, quindi, all'ammontare del tributo ma solo ad aspetti consequenziali o di natura penale. Una indicazione derivante dalla giurisprudenza formatasi in sede comunitaria aveva individuato i parametri temporali di ragionevole durata del processo in:

  • tre anni per il processo di 1° grado;
  • due anni per il processo di 2° grado;

specificando comunque che si trattava di tempi con valore orientativo, ma non tassativo.
Ad ogni buon conto, nell'ordinamento giuridico non è rinvenibile una regola fissa o un principio da cui poter ricavare la misura della durata di un processo, anche se il Giudice può tener conto dei dati oggettivi posti alla base di ciascuna controversia.
La domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla Corte di Appello del distretto in cui ha sede il Giudice competente ai sensi dell'articolo 11 del c.p.p. a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito, ovvero pende, il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata.
Il ricorso è proposto nei confronti:

  • del Ministro della Giustizia quando si tratta di procedimenti del Giudice Ordinario;
  • del Ministro delle Finanze quando si tratta di procedimenti del Giudice Tributario;
  • del Ministro della Difesa quando si tratta di procedimenti del Giudice Militare;
  • del Presidente del Consiglio dei Ministri nei rimanenti casi.

La domanda di riparazione può anche essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva. La data a partire dalla quale si fa decorrere il termine dei sei mesi è:

  • in relazione al giudizio di cognizione, il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce;
  • in riferimento al procedimento di esecuzione, il momento in cui il diritto azionato ha trovato effettiva realizzazione.

A CHI RIVOLGERSI - DOCUMENTAZIONE

La domanda si propone entro i termini sopra detti, con ricorso depositato nella Cancelleria della Corte di Appello, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente gli elementi di cui all'art. 125 c.p.c.
La Corte di Appello, entro quattro mesi dal deposito della domanda, deve pronunciarsi con decreto immediatamente esecutivo ed impugnabile in Cassazione. Prima di poter ricorrere alla Corte di Giustizia occorre aver percorso necessariamente i gradi del ricorso in Corte d’Appello e quello del successivo in Cassazione.
Il decreto di accoglimento della domanda è comunicato a cura della Cancelleria, oltre che alle parti, al Procuratore Generale della Corte dei Conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.
Il diritto all'equa riparazione spetta a tutte le parti del processo, attori o convenuti, indipendentemente dall’esito del giudizio presupposto e dal fatto che esse siano risultate (o destinate ad essere, per giudizio ancora in corso) vincenti o soccombenti in sede civile o condannate in sede penale. Il diritto allo svolgimento del processo entro un termine ragionevole è riconosciuto esclusivamente con riferimento alle parti in causa, e non anche ai soggetti che siano ad esso rimasti estranei, ritenendo non rilevante che l’eventualità che questi ultimi possano aver subito danni legati al protrarsi del processo.
Nel caso di un giudizio penale la persona offesa dal reato ed il querelante sono legittimati a chiedere l'indennizzo solo a patto che si siano costituiti parte civile nel processo penale.
Legittimato attivo è anche il fallito, anche se egli formalmente non è parte in giudizio (lo è il curatore).
Il diritto all'equa riparazione va riconosciuto anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto il giudizio (anche antecedente all’entrata in vigore la legge 89/2001 c.d. Legge Pinto), a patto che la domanda di equa riparazione non sia stata già proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata sulla sua inammissibilità.
La procedura è esente da contributo unificato, è previsto il pagamento di € 8,00 per diritti di notifica.

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